Nel vasto perimetro e mercato degli audiovisivi la radio occupa una posizione di tutto rispetto eppure se ne parla, si scrive e si legge poco. Infatti, è molto probabile ascoltare uno spot alla radio che propone un programma tv ma raramente (quasi mai) avviene il contrario. Come pure nella rassegna stampa che ogni giorno arriva sulla mail dei vertici dei broadcasters nazionali mediamente su 10 notizie due sola interessano la radio e 8 la televisione. Se poi in un programma di prima serata televisiva succede che un ospite dice una parolaccia i giornali ci scrivono fiumi di inchiostro, se avviene invece alla radio nessuno se ne accorge. Infine, ci riferisce una fonte che preferisce rimanere anonima, gli inserzionisti pubblicitari spesso si vedono offrire uno spazio gratis alla radio per ogni 3 acquistati alla tv.
In altri termini: la radiofonia soffre di uno stato di subordinazione, di inferiorità narrativa e mediatica apparentemente ingiustificata perché i numeri invece dicono che invece gode sempre di buona salute e che, anzi, sta evolvendo verso dimensioni nuove e promettenti, sia intermini di “nuovi ascoltatori” sia di mercato.
I dati che vi proponiamo sono tratti da: Confindustria RadioTV, Studio Economico Radio e TV – 27° edizione, gennaio 2022; CENSIS -17° Rapporto sulla Comunicazione, ottobre 2021, e successivo 56° Rapporto sulla situazione del Paese; AGCOM – relaziona annuale al Parlamento (luglio 2022) e terzo Osservatorio trimestrale sulle comunicazioni; Radio TER (Tavolo Editori Radiofonici) Ricerca sugli ascolti, dettaglio dati2022; RAI: Relazione e bilanci al 31 dicembre 2021 e, infine, il recentissimo volume “Ecostistema Audio Suono” a cura dell’Ufficio Studi Rai.
Iniziamo dalle dimensioni: quanto “vale” la radio da un punto di vista economico e quanto “pesa” in termini di ascoltatori. Anzitutto è necessaria una premessa: le considerazioni che proponiamo sono a valle di un periodo, il post Covid, di particolare complessità sia per quanto riguarda le profonde trasformazioni intervenute in tutto il mercato degli audiovisivi, non solo nazionale, e sia per le mutate condizioni di fruizione del mezzo. Gli oltre due anni di pandemia hanno indotto a modificare stili di vita, comportamenti collettivi e, di conseguenza, significative variazioni nella dieta mediatica consumata dagli italiani.
Iniziamo proprio dai dati più recenti resi noti da TER (Tavolo Editori Radiofonici) lo scorso settembre: “Nel primo semestre 2022, il totale degli ascoltatori radio nel giorno medio è pari a 33,6 milioni, in calo del 2,4% rispetto a quello precedente (34,5 milioni in H2-2021) ma in aumento dell’1,3% rispetto all’omologo 2021 (33,2 milioni in H1-2021); ancora in calo del 3,3% rispetto al primo semestre 2019 (34,8 milioni in H1-2019). Relativamente al dato dei 7 giorni, gli ascoltatori sono pari a 43,1 milioni di individui con una flessione del 2,2% rispetto al semestre precedente (44,1 milioni in H2-2021) ma sostanzialmente in linea rispetto all’omologo dello stesso anno (43,3 in H1-2021); anche in questo caso gli ascolti sono inferiori del 2,4% rispetto al primo semestre 2019. In termini di durata di ascolto, nel giorno medio si conferma un consumo complessivo prossimo alle 3h30’ (207 minuti nel H1-2022)”.
Un primo quadro relativo alle dimensioni economiche della radiofonia nazionale lo fornisce CRTV: “Nel quinquennio 2015 – 2019, i ricavi totali radiotelevisivi in Italia sono aumentati di 270 milioni di euro circa, passando da 9,9 miliardi di euro circa a 10,2 miliardi, con un tasso medio annuo pari allo 0,7%…” mentre, per quanto riguarda “Il settore radiofonico (radio private nazionali + radio di Servizio pubblico + radio locali), inclusa Radio Radicale, registra nel 2019 un valore dei ricavi pari a 671 milioni circa (-0,2% rispetto al 2018), in crescita di 168 milioni di euro negli ultimi 5 anni, con un tasso medio annuo pari a +7,5%.”. Per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria, Aeranti Corallo riporta i dati Nielsen a confronto gennaio 2022 su 2021, pari a oltre 18 mln di euro con una crescita dello 0,8%, a fronte della Tv che nello stesso periodo perde il 4,4% passando da 270 a 257 mln di euro. La tendenza viene confermata anche per il primo semestre di quest’anno con una crescita del 3,6%, cifra esattamente rovesciata al negativo per la Tv.
La Relazione 2022 di AGCOM riporta che “…i ricavi da vendita delle inserzioni pubblicitarie, che crescono del 14,2%, portando il valore complessivo di tale componente a 460 milioni di euro, continuano a rappresentare la fonte prevalente di finanziamento dell’attività radiofonica; anche gli introiti da riscossione del canone per il servizio pubblico radiofonico presentano un andamento in crescita nell’ultimo anno (+5,4%), attestandosi su valori totali pari a 104,8 milioni di euro”. Infine, riportiamo dati tratti dal volume dell’Ufficio Studi Rai “…il mercato radiofonico italiano aveva chiuso l’ultimo anno pre Covid (2019) con un valore complessivo che sfiorava di poco la soglia dei 700 mln di euro, in crescita del 4.2 rispetto al 2018 .. e la raccolta pubblicitaria da 480 mln del 2015 a 533 mln del 2019… A seguito della crisi indotta dalla pandemia, il valore complessivo del mercato è sceso a 535 mln di euro nel 2022 con un drammatico calo del 22% rispetto all’anno precedente”.
Per quanto riguarda, infine, il numero degli occupati nel settore i numeri si leggono da CRTV dove il totale al 2019 (riferito alle sole e specifiche attività radiofoniche) è di oltre 3.100 addetti, dei quali 721 mila per le radio private nazionali, 1.633 nelle radio locali e 761 per quanto riguarda il servizio pubblico ( su un totale di oltre 12 mila persone).
La radiofonia cresce in termini economici e pure in termini di ascoltatori che, peraltro, mutano la loro fisionomia e abitudini di consumo del mezzo nelle diverse dimensioni di luogo, di spazio, di tempo e di tipologia di device. Leggiamo ancora CRTV: “Nel primo semestre 2022, il totale degli ascoltatori radio nel giorno medio è pari a 33,6 milioni, in calo del 2,4% rispetto a quello precedente (34,5 milioni in H2-2021) ma in aumento dell’1,3% rispetto all’omologo 2021 (33,2 milioni in H1-2021)”. Da osservare che nello stesso semestre il giorno medio per la Tv è pari a 40,1 mln con una diversa metodologia di rilevamento (per la tv i dati si rilevano con il pubblico di età superiore ai 4 anni). Ma nella “misurazione” dei radioascoltatori sfuggono dati difficili da individuare puntualmente e che si riferiscono all’ecosistema della radiofonia riferita all’ascolto attraverso il Web oppure, ancora più complesso da quantificare per il valore economico, attraverso l’ascolto di “prodotti radiofonici” non lineari come i podcast. La rivista specializzata Wired ha riportato i dati di una ricerca NielsenIQ per Audible dove si legge che “Il 2022 non ancora concluso registra già un incremento nel consumo di podcast del 7% rispetto allo scorso anno, a conferma di un trend positivo che negli ultimi 6 anni non ha mai arrestato la sua corsa. Sono 15,4 milioni gli italiani che nel 2022 hanno ascoltato almeno una volta un podcast, rispetto ai 14,5 dell’anno precedente”.
C’è poi da aggiungere un nuovo territorio che la radiofonia sta esplorando e dove conquista spazio: il DAB (Digital Audi Broadcasting). Secondo quanto riportato da uno studio GFK Itala per DAB Italia “Sono oltre 8 milioni i possessori di un ricevitore digitale DAB+ tra quelli domestici e quelli integrati nell’impianto infotainment dell’auto, ma entro l’anno sorpasseranno la soglia di 9 milioni” e, tra questi “L’82% di chi possiede un ricevitore radio digitale ascolta abitualmente i programmi DAB+, tra questi, ben il 40% in modo prevalente o esclusivo. Il 52% ascolta la radio digitale DAB+ tutti i giorni più volte al giorno, maggiormente al mattino tra le 5 e le 13. Solo il 18% continua a preferire un ascolto analogico (FM) dei programmi radiofonici prevalentemente perché la propria radio preferita è locale e non ancora diffusa in digitale”.
Infine, interessante leggere quanto riportato da una recente ricerca Samsung Trend Radar dove si legge che “ Il 79% degli italiani ascolta la radio quasi tutti i giorni. La musica, con le playlist preferite, viene riprodotta sui propri device nel 70% dei casi. I podcast sono più amati tra i più giovani: li predilige il 36% degli intervistati appartenenti alla Generazione Z . Lo smartphone è lo strumento preferito per ascoltare più contenuti: il 77% degli interpellati utilizza il proprio telefono per ascoltare musica e playlist. Intrattenimento, relax, evasione e necessità di informarsi determinano il successo della crescente riproduzione di contenuti audio. Secondo l’83% degli italiani, gli audiolibri contribuiscono a una diffusione maggiore di letteratura e cultura” …” L’ascolto della radio (almeno una volta a settimana) aumenta all’aumentare dell’età: i principali fruitori di contenuti radiofonici hanno un’età compresa tra i 45 e i 54 anni (oltre l’89%). Opposta invece la tendenza per musica, podcast e audiolibri, che sono prediletti dai più giovani, dimostrando così la forte inclinazione delle nuove generazioni verso contenuti meno tradizionali. I podcast, su tutti, confermano il proprio potenziale raggiungendo percentuali di ascolto del 36% nella fascia d’età corrispondente alla Generazione Z, contro l’11% della fascia 55-64 anni”.