Venerdì 19 maggio, ore 20.30: termina l’incontro tra il nuovi vertici RAI e i sindacati che “… convengono di ritirare le azioni di lotta” previste con lo sciopero del 26 maggio. La Rai, con un suo comunicato, ha dichiarato che “ … ha assicurato i sindacati sul fatto che – ben conoscendo, dall’interno, le problematiche aziendali – saprà interpretare e fare proprie le esigenze dei lavoratori, per dare sempre maggiore solidità all’azienda e rilanciarne il ruolo di servizio pubblico”. Nel merito dei grandi problemi (canone, nuovo Contratto di servizio, Rai Way etc) i sindacati “… apprezzando le aperture dei nuovi vertici …” portano a casa solo le buone intenzioni. Chi ha ceduto cosa? Hanno ceduto i sindacati (tutti o solo alcuni particolarmente legati al nuovo Governo) o ha ceduto qualcosa (cosa?) il nuovo vertice che vedeva come il fumo agli occhi lo sciopero previsto? E quali sono state le partite di scambio? Possibile che uno sciopero di tanta portata (vedi comunicato del 5 aprile) nel giro di poche ore venga pressoché totalmente messo in soffitta? Il quotidiano La Notizia del 23 titola “Il nuovo Ad spegne la protesta a colpi di promesse. Così la nomina dei direttori sarà una passeggiata”. Non sarà una passeggiata.
23 maggio. La Stampa pubblica un articolo con il titolo “Incostituzionale il decreto anti-Lissner – Strada in salita per Fuortes al San Carlo. Nel dossier elaborato dal Servizio studi della Camera i rilievi dei tecnici al decreto del governo in materia di enti pubblici. Già nel 2017 la Consulta ha sancito che azzerare in anticipo gli incarichi viola i principi di buon andamento e imparzialità”. L’articolo, riferito al DL n.51, è costruito sull’analisi costituzionale del comma 3, art. 2, a riguardo dell’azzeramento anticipato degli incarichi nella PA ma non fa alcun riferimento invece al vulnus forse più grave: la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza esplicitamente previsti dalla Costituzione all’art. 77. Fatto sta che dal momento in cui il DL viene pubblicato , si innesca il meccanismo che porta alle dimissioni di Fuortes e a quanto poi ne consegue, ovvero la nomina di Sergio compresa la nomina del DG in odore di illegittimità.
23 maggio. Su questo sito viene pubblicato un articolo, a firma Clelia Pallotta e Francesco Siliato, dove si legge: “Alla fine è successo davvero, il servizio pubblico è meno seguito di Mediaset sia in prima serata che nell’arco dell’intera giornata. E non per poco tempo ma per un intero trimestre: nei 91 giorni trascorsi tra la fine del Festival di Sanremo e la fine della diciannovesima settimana del 2023 (12/02-13/05/2023 in confronto con lo stesso periodo del 2022). È questo il lascito dell’AD dimissionario Fuortes, che al suo arrivo nel luglio 2021 aveva trovato l’azienda con un vantaggio stagionale di 6,7 punti di share su Mediaset”.
25 maggio. Lo stesso argomento viene proposto dal Sole 24 Ore dove si legge “Rai, anno orribile … per la Rai la stagione più difficile … Un altro caposaldo del servizio pubblico è stato da sempre l’informazione. Ebbene, nel complesso delle reti generaliste Rai l’informazione ha perso il 10,3% della propria audience fra una stagione e l’altra e i soli telegiornali l’11,7 per cento”. Ormai si sta delineando una tendenza che si appresta a consolidarsi. Un lento e inesorabile declino che nessuno sa bene come fronteggiare.
25 maggio. Il CdA Rai approva le nuove nomine di testate e strutture a “geometria variabile”. Hanno votato contro la Bria (PD), Laganà (dipendenti), la Soldi (??? definita “renziana”) e astenuto Di Majo (“non ha avuto alcun peso “ hanno dichiarato i 5S). Si è configurato un nuovo modello di maggioranza (oltre a quella assoluta e quella relativa) ora c’è quella “sufficiente” dove 3 voti valgono più di 4. Interessante, da tenere in grande considerazione per il futuro. Nota bene: per le altre nomine hanno votato all’unanimità, ma quasi nessuno lo ha specificato. C’è posto per tutti.
26 maggio. Nella storia recente della RAI raramente si è vista ricevere tanta attenzione da parte della stampa: Corriere, Repubblica, La Stampa, Manifesto e Fatto hanno aperto la prima pagina con l’argomento nomine in CdA. Il Corriere, nientepopodimenoche, gli dedica le prime 6 pagine (sei). Un fenomeno mediatico e politico raro e inquietante. La destra che avanza e occupa anche la carta stampata? No, possiamo stare sereni, è solo la “sinistra” che si ritira: Lucia Annunziata si dimette.
27 maggio. Notizia del giorno: il Capo del Governo promette guerra all’evasione fiscale e le tasse definite come “pizzo di Stato”. È tutto un programma per quando si dovrà definire la natura del canone, se e come abolirlo oppure se e come modificare le modalità di riscossione. Anche il canone verrà definito come un “pizzo di Stato”? SergioRossi (usiamo per comodità una crasi – in greco κρᾶσις = mescolanza, miscuglio – visto il loro probabile futuro intercambiabile nei ruoli e competenze) avranno il loro ben da fare per far quadrare in conti come il loro predecessore.
La Stampa spara a palle incatenate e titola “C’era una volta la RAI. La lottizzazione da parte dei partiti ha provocato un costante calo di qualità. Dai cavalli di razza ai fedelissimi dei big ora al calo degli ascolti si aggiunge la perdita di autonomia e autorevolezza. L’ex presidente Zaccaria: “Tv in declino”. Già. Che la Rai fosse in qualche difficoltà lo sapevamo. Non riusciamo a sapere come potrà uscirne, quando e grazie a chi.
Un segno del destino: il nuovo AD Sergio scrive una lettera “privata” ai dipendenti RAI ma diventa “pubblica” grazie alla particolare cura e attenzione dell’Agenzia ADN. Ovviamente, è solo un caso che fino a poche ore prima il suo direttore era un certo Chiocci, ora nuovo direttore del Tg1. Su alcuni siti che pubblicano la lettera compare il © Copy oppure “By ADN”. A Viale Mazzini si è sparsa una voce: “Abbiamo un’Agenzia tutta per noi”. Non sarà una banca ma è meglio di un calcio sugli stinchi.
È scoppiato il caso RaiNews24 che ha trasmesso la diretta del discorso della Meloni da Catania. Tuona la presidente della Vigilanza Barbara Floridia che “…valuterà con estrema attenzione questo caso per tutti i profili di competenza. Si potrebbe profilare una violazione importante della par condicio e del pluralismo che il servizio pubblico non si può assolutamente permettere”. Già, magari visto l’argomento potrebbe fare un colpo di telefono al suo collega presidente di AgCom Giacomo Lasorella, visto che il tema gli dovrebbe riguardare in modo specifico. Comunque, sarà un caso che RaiNews24 raccoglie mediamente uno share da prefisso telefonico?
28 maggio. Dopo tanto fastidioso “rumore” il quotidiano La Stampa prova a mettere una pezza e pubblica un pezzo (definito intervista ma non lo è) dove titola “La mia Rai non sarà Tele-Giorgia. Ti pare, «…uno con la mia storia, democristiano da una vita che conosce come pochi altri il ventre e la pancia di quest’azienda si mette a epurare qualcuno…». Roberto Sergio ex grande capo della Radio pubblica è da solo pochi giorni (meno di dieci) al timone della Rai. IL COLLOQUIO con Roberto Sergio “Non saremo una tv sovranista niente censura e più pluralismo”. Il “colloquio” (e non un ‘intervista che pure fa una notevole differenza) prosegue con perle di saggezza e serenità e si chiude leggendo “Di certo c’è che «in appena nove giorni — scandisce bene Roberto Sergio — abbiamo fatto le nuove nomine, l’accordo con i sindacati per la revoca dello sciopero e per la prima volta nella storia un Papa è entrato in uno studio televisivo, se vi sembra poco…». No, non è poco ed è solo l’inizio. Da apprezzare il “democristiano da una vita”.