Applicare alle sezioni televisive delle testate online le regole della par condicio e agli influencer quelle della televisione. Sono le due proposte contenute nel discorso al Parlamento di Giacomo Lasorella, presidente dall’Agcom, in occasione della presentazione della Relazione 2023. Far attuare nel Web, che non è un media, ma un’estensione delle relazioni umane, una legge ampiamente disattesa degli stessi media, servizio pubblico incluso, appare curioso. Quasi come far pagare il canone agli smartphone (e i cellulari non smartphone?) ipotizzata dal ministro Giorgetti. Non era meglio segnalare al Parlamento la necessità di approvare una nuova legge, abrogando gran parte della 28 del 2000?
Non c’è la Rai…
Ma quello che stupisce ancora di più è lo spazio dato alla Rai, al servizio pubblico radiotelevisivo, nel discorso del presidente dell’Agcom: solo un capoverso, neanche un paragrafo, per ricordare l’approvazione delle linee guida sul contratto di servizio, magari senza llegati secretati; e si aggiunge la necessità che il Servizio pubblico, sostenga la transizione digitale sia dal punto di vista tecnologico, sia dal punto di vista culturale”. Stop, tutto qui. A parte che la transizione al digitale alla lettera è già avvenuta, l’Agcom poteva sottolineare l’urgenza dello switch off per lo standard DVB T2, dato che è in vigore un Piano di assegnazione approvato dall’Agcom nel 2019 in DVBT2 e che tale transizione è prevista dalla legge. Ma, soprattutto, può l’Agcom sottrarsi a qualsiasi riflessione davanti al Parlamento sulla trasformazione della stessa Rai in Media company pubblica, o in Fondazione, superando l’attuale governance della legge Renzi e l’attuale assetto che vede la Rai proprietà del Governo? L’Agcom è indipendente da Governo e dai partiti o no? Si può non dire una parola da parte dell’Agcom sul problema del finanziamento del servizio pubblico, canone in testa, in vista della scadenza della concessione decennale nel 2027? Quando si intende aprire una discussione, intorno al 2027-2028?
Il servizio pubblico dovrebbe essere un fattore essenziale per la coesione sociale, per la crescita dell’industria culturale nazionale, per un vero pluralismo “interno” a fronte del proliferare di false informazione, falsi profili, post creati da macchine come i bot, o, più ancora, informazioni non complete, parziali, interessate. Dovrebbe essere un motore per la creazione di contenuti adatti a tutte le piattaforme e fruibili su tutte le piattaforme (la Rai non lo è), dovrebbe avere un ruolo fondamentale nell’alfabetizzazione, digitale e non, dei cittadini. E nella diffusione della Rete Unica a larga banda nelle abitazioni.
Può una Relazione al Parlamento ignorare tutto questo?
Cresce poco la fibra ottica nelle case
Che succede, intanto, sul mercato? L’Osservatorio sulle Comunicazioni della stessa Agcom segnala, per le comunicazioni elettroniche (le Tlc di una volta) una riduzione delle risorse di 4,28 milardi di euro in cinque anni, il 70% del quale a causa della concorrenza spietata sui servizi mobili. L’Osservatorio non aggiunge, però, che alcuni operatori, per la prima volta da anni, stanno rialzando le tariffe del mobile (TIM) , nonostante l’Agcom abbia sempre sbandierato la riduzione delle tariffe come un grande successo della regolazione. La stessa Agcom, del resto, ha dato l’ok ad un consistente aumento delle tariffe postali, senza particolari alzate di mano da parte di politici e associazioni di consumatori o presunte tali.
Sulla rete fissa procede a rilento il collegamento della fibra nelle abitazioni, che non riesce a colmare il decremento delle linee DSL, con solo 850mila accessi FTTH in un anno. Quanto all’aumento delle prestazioni in velocità di connessione, l’Agcom dovrebbe chiarire se si tratta di una misurazione indipendente dagli operatori o fornita da questi ultimi sulla base dei contratti siglati, Perchè le prestazioni sono spesso ben inferiori a quelle previste dai contratti.
Ascolti, Rai continua a perdere, ma non fa niente
Negli ascolti televisivi, come si sa, primo trimestre dell’anno in perdita per tutta la televisione, Ma la Rai continua a perdere più di Mediaset. Nella fascia serale, i Tg della Rai, ad esempio, hanno perso, nel primo trimestre, su base annua, il 13,4% degli ascolti, con il Tg2 delle 20.30 al -20%. I Tg serali di Mediaset perdono il 6,4% degli ascolti. Quanto all’audience dei siti di informazione generalista, la Rai non compare nella classifica dell’Osservatorio, mentre TGCOM24 è al quarto posto dietro Corriere della Sera, Repubblica e Fanpage. Un altro dato che, forse, doveva comparire nella relazion Lasorella: perchè la Rai è fuori dalla classifica Agcom dell’informazione generalista on line?
I veri giochi si fanno, ogni giorno di più, nelle “segrete stanze”. L’Autorità per le comunicazioni ha da tempo accettato questa triste verità, senza denunciarla.