Partecipare alle riunioni delle CoP (Conference of Parties) sull’applicazione degli accordi di Parigi per contrastare il cambiamento climatico è un’esperienza sempre assai straniante. Tutti a lanciare allarmi dalla tribuna sulla fine del mondo imminente, per poi comportarsi nei corridoi e nelle stanze del negoziato come se si trattasse di una trattativa qualsiasi: da una parte i paesi ricchi impegnati a cercare di pagare il meno possibile e attentissimi a non prendere alcun impegno vincolante, e dall’altra i paesi poveri impegnati a cercare di ottenere quanti più soldi (= quante più promesse di soldi), cercando – a loro volta – di non prendere nessun impegno su cosa farci dei soldi richiesti o promessi, qualora mai dovessero arrivare davvero.
In questo contesto già di per sé alquanto surreale tipico di ogni COP, la Presidenza egiziana, con l’aiuto della Marrakech Partnership, ha aggiunto all’edizione n. 27 tenutasi a Sharm El Sheikh, una panoramica degli impegni presi dalle industrie di vari settori per ridurre le loro emissioni di Co2. Così c’è stata la giornata della Formula Uno, venuta a presentare la “Formula E” (E = elettrica) ed a sostenere che dalle esperienze di queste gare provengono molti dei materiali che oggi vengono impiegati dalle industrie automobilistiche per la produzione dei nuovi veicoli elettrici. Ci sono stati due eventi sulla moda, in cui stilisti e modelle hanno promesso di fare i bravi e di produrre solo in maniera ecosostenibile senza arrecare danni all’ambiente e così via.
Molti di questi esercizi avevano l’aria di rientrare in quella che è definita correntemente la tendenza “green-washing”, cioè il tentativo di alcune industrie tradizionali di farsi perdonare il passato, promettendo (o vantando di aver già fatto molto) per ridurre le loro emissioni di Co2.
Qualche altro settore, invece, si è presentato all’appuntamento animato delle migliori intenzioni. Fra questi ultimi, c’è stata l’industria dei media, che ha provato anch’essa a farsi perdonare le pecche del passato, prendendo impegni (su base volontaria, ovviamente) per il futuro.
In prima fila le imprese anglosassoni, ed in particolare inglesi, che già alla COP di Glasgow l’anno scorso, si erano ampiamente espresse in materia (con l’annuncio a sorpresa di BBC , ITV e Sky subito prima dell’evento, di impegnarsi per emissioni-zero a partire dal 2030). A Sharm, invece, protagonista per i media è stato il Consorzio ALBERT promosso dal BAFTA (l’accademia che assegna i premi inglesi per i migliori film e serie tv, che da qualche anno ha aggiunto alle sue missioni la promozione della sostenibilità presso i suoi soci). ALBERT ha organizzato una sessione sull’impegno dei media per lottare contro il cambiamento climatico, non nei loro programmi, bensì nel loro modus operandi. L’intervento piu atteso è stato quello di Emma Stewart, Sustainability manager di Netflix (posizione creata a fine 2020) venuta ad annunciare solennemente gli impegni presi dal gruppo nel settore della produzione. Anche Netflix ha risposto si all’invito del governo inglese di diventare una compagnia “net zero emission” entro il 2030. Un obiettivo molto ambizioso, visto che il totale delle emissioni di Co2 direttamente attribuibili a Netflix è stato misurato (dalla compagnia stessa) nel 2021 in 1,5 milioni di tonnellate l’anno (per dare un’idea comparativa, si tratta dell’equivalente della produzione di 5 milioni di persone), di cui il 58% originato direttamente dalla produzione, il 35% dalle attività corporate ed il 5% dallo streaming[1].
Per arrivare all’obiettivo di zero-emissioni nel 2030, Netflix punta sull’uso di veicoli elettrici, sul passaggio a fonti di energia rinnovabile, sull’uso di generatori di corrente portatili elettrici (e non più a gasolio), e –per la parte che non si riuscirà ad eliminare- sull’acquisto di crediti carbone (off-setting) per l’ammontare equivalente. Proprio alcuni di questi ultimi progetti di sostenibilità sono quelli che hanno maggiormente attirato l’attenzione dei presenti a Sharm, in particolare quelli legati ai programmi stessi prodotti da Netflix. Si è appreso così che Netflix finanzierà il piano di riforestazione nella località Yarra Yarra in Australia, quella dove è stata girata la serie “Down to earth series 2” Ma soprattutto si è appreso che l’ex presidente Obama, per esempio, ha posto come condizione per accettare la produzione del documentario sulle sue origini africane, che Netflix si impegnasse ad interventi di riforestazione in Kenya nel cosiddetto “Kasigau corridor”, proprio nella zona di provenienza dei suoi avi.[2]
L’intervento più interessante nella stessa sessione è stato quello dell’ex responsabile di ALBERT, la catalana Roser Canell, che ha condiviso i risultati delle analisi condotte dal Consorzio sull’impatto di una produzione media di una serie TV di budget medio alto . Secondo queste stime, l’impatto della produzione di un episodio comporta circa 4,4 tonnellate di emissioni Co2, cosi composti (come illustrato nella tabella sopra riportata):
E i servizi pubblici come BBC o RAI ?
Dopo l’annuncio a sorpresa fatto alla COP 26 di Glasgow un anno fa con cui anche la BBC si impegnava a diventare un’impresa “zero emission” dal 2030, quest’anno la presenza dell’emittente pubblica inglese alla COP 27 è stata più sobria e concentrata su due importanti iniziative. La prima l’annuncio dell’accordo di collaborazione sottoscritto[3]con la famosa azienda produttrice di videogiochi Minecraft per la realizzazione di una serie di giochi legati alla nuova serie di Sir David Attenborough, “Frozen planet 2”. Giochi destinati ai più giovani ed alle scuole per sensibilizzarli al rischio di sparizione degli ambienti e della fauna legati alle temperature estreme, in conseguenza del riscaldamento globale in atto. La seconda è stata invece una sessione dedicata agli episodi di disinformazione sul cambiamento climatico smascherati dalla BBC nel corso degli ultimi anni e sulle fonti di queste campagne.
Da registrare anche un primo timido affaccio alla COP27 della RAI, per la prima volta presente non solo con i suoi reporter, ma anche con la sua neonata direzione RAI per la Sostenibilità, che ha visto alcuni volti noti della TV pubblica (da Iacona al neo corrispondente da Nairobi, Maria Cuffaro) intervenire per animare i dibattiti al Padiglione del Mediterraneo promosso dalla UpM (Unione per il Mediterraneo). Una bandierina piantata sulla COP, per segnalare l’avvio di una politica sul clima, in attesa di conoscere il primo Piano organico di sostenibilità 2023-25 che la Presidente Soldi intende portare in CdA con l’anno nuovo.
Giacomo Mazzone
[1]Quest’ultima stima contestata da diversi esperti perché ritenuta largamente sottostimata.
[2]Chissà che queste esempi non possano dare qualche idea alla RAI su cosa fare a Stromboli dopo l’incendio occorso a maggio di quest’annodurante le riprese della serie “Protezione civile”.
[3]https://unfcccevents. azureedge.net/COP27_87826/agenda