Una lunga storia, intrecciata a quella dell’Italia del dopo boom economico, quella di Silvio Berlusconi. Un’analisi puntuale richiederebbe un libro che, forse, è stato già scritto da diversi autori, e forse no.
Appare più utile porre alcune domande, anche a costo di lasciarne alcune senza risposta. Berlusconi ha inventato la tv commerciale? No. Altri stavano sperimentando nuovi formati, nuovi programmi, nuovi linguaggi, a livello nazionale e locale, prima di lui. Berlusconi ha inventato la concessionaria di pubblicità che ha cambiato il mercato italiano della comunicazione e le stesse modalità di tale comunicazione? Si. Publitalia, più di Fininvest, è stata la sua creatura, la società che ha cambiato quello che era un racconto (lo sceneggiato Rai) in prodotto e poi, per dare spessore culturale e sociale alla marca, ha cambiato il prodotto in racconto, integrandolo al suo interno. E ha introdotto modalità di acquisizione dei budget innovative, come le overcommission, rispetto al vecchio traino della Sipra (vuoi Carosello e la Rai? Compra i giornali).
La costituzione di Auditel è stata fondamentale in questo percorso di trasformazione dei media e della stessa società. Si vendono teste agli inserzionisti: Auditel le rileva e le certifica. Questo è importante, più che lo share di un programma, che molti giornalisti continuano a scambiare per il rating, contribuendo a favorire la convinzione generale sugli ascolti del mezzo televisivo centrali per gli italiani. Il duopolio è stata solo una forma di controllo e di difesa di Mediaset, subentrata nel 1993 a Fininvest. Non è mai stato un duopolio alla pari: le tv di Fininvest erano “gratuite”, la Rai ci faceva pagare il canone, quindi era costretta a offrire “di tutto, di più”; e, ovviamente, non ce la faceva per limiti strutturali e organizzativi propri e per la dipendenza da un potere politico nel quale, nel 1994 “scende in campo”anche il proprietario di Mediaset. Il duopolio non esiste più? Forse, ma continua ad essere prorogato nel futuro: l’attuale governo,a novembre a Dubai, chiederà di lasciare alle tv digitali terrestri le attuali frequenze, dopo la cessione della banda 700, oltre il 2030. Traduzione: tre multiplex digitali alla Rai e tre a Mediaset, diventata Mfe, con sede legale in Olanda. Un solo multiplex alla tv locali, in ogni regione.
La crescita di Mediaset prosegue per anni, a scapito degli altri media, a favore delle multinazionali del consumo, attratte dai bassi prezzi degli spot rispetto ad altri paesi europei, concentrando progressivamente ascolti, risorse, diritti di trasmissione e ritrasmissione, frequenze. E cambiando progressivamente, insieme alla televisione, il pubblico della stessa televisione, abituandolo vedere i film a spezzoni (come oggi i contenuti video in streaming…), in sistema che mandava in onda circa un milione di spot l’anno, 24 ore su 24. Non senza passi falsi e alcune sconfitte. Come la chiusura de La Cinq in Francia, tutta politica, senza alcun fallimento imprenditoriale. O quella, cocente e costosa, sulla pay tv, con Mediaset Premium, favorita dal clamoroso errore di partenza delle tessere prepagate sul modello telefonico, che impedivano qualsiasi feedback sulle scelte le caratteristiche degli utenti. Le tre Telepiù, all’origine, nacquero in una sola notte…Com’è stato possibile?
Lo scontro Berlusconi- Murdoch, tra il Biscione e lo Squalo, contrassegna una fase del sistema italiano, con la Rai che si accorda, togliendo i suoi canali da Sky e rinunciando a centinaia di milioni di euro. E ora che Mediaset e Sky hanno trovato un’intesa, che ha cambiato diverse regole del gioco, la Rai non se n’è accorta, e ancora continua a criptare molti suoi programmi sui decoder di Sky, al contrario di Mediaset, perdendo ascolti e togliendo Olimpiadi e Mondiali a quegli italiani che pagano il canone, ma hanno il solo decoder della pay tv oggi di Comcast.
Alcune sconfitte, ma anche diverse vittorie, anche con qualche aiutino arbitrale. ReteQuattro è ancora là, nonostante tutto e tutti, nonostante le sentenze della Consulta, nonostante i progetti di legge per ridurre le tre reti analogiche di Fininvest e togliere la pubblicità a RaiTre, grazie alla Legge Gasparri, ad un successivo decreto e all’avvento del digitale terrestre “pompato” per mostrare la crescita del numero dei programmi nazionali (come se questo fosse sinonimo di pluralismo, ma la vicenda delle tv locali in analogico dimostra il contrario). E grazie a quei deputati del centrosinistra che il giorno in cui si votava la costituzionalità o meno della legge Gasparri, furono colpiti da improvvise influenze di stagione.
Una lunga storia dove si intrecciano geniali intuizione, come i promo televisivi dei programmi, non conteggiati nell’affollamento pubblicitario, adatti ai diversi target di pubblico, per cui si aveva perfino un promo di Rambo adatto al pubblico femminile a sdoganamento degli istinti più pecorecci con Colpo grosso e dintorni, utilizzando Umberto Smaila, ovvero i resti dei Gatti di Vicolo Miracoli: la tv commerciale è stata anche una lavatrice che riciclava autori, artisti e conduttori (Paolo Pietrangeli da Contessa a regista del Maurizio Costanzo Show, per dirne una..). Vi è un rapporto tra il linguaggio, le immagini, i ruoli che si affermano nel pubblico con l’attuale Italia dei sociale, sguaiata, a volte semianalfabeta, crudele, priva di empatia, che deride gli sconfitti, i perdenti, e chiunque venga visto come “avversario”.
Poi ci sono le storie tra Berlusconi e le istituzioni e tra Berlusconi e la magistratura, tra Berlusconi e la…..(avete capito.). Qui non si può entrare nel merito, ma è chiaro che l’affermazione di questo modello di tv commerciale, dove un solo soggetto privato fa la tv generalista (almeno finora), non poteva affermarsi senza un solido “sostegno” dato a tutti i livelli da chi avrebbe dovuto difendere l’interesse pubblico.
Ma il pubblico non conta nulla in quest’Italia. E’ questa la vera morale di questi appunti, primi appunti, di una lunga storia. Una storia che tutti conoscono. E che nessuno ha mai raccontato.
Analisi molto ben fatta.Un solo rilievo: “il pubblico” in Italia interessa e come ,per motivi commerciali,politici o di potere.
Quello che tutti dimenticano non é il pubblico ma” l’interesse generale” che è una cosa molto diversa .
Questo è il grande cambiamento rispetto alla vecchia politica…..
Aggiungerei il ruolo di Adreani ex capo di Sipra che diviene capo di Publitalia e inventa i cervellotici indici di affollamento che garantiscono a Mediaset il triplo della pubblicità Rai che, considerato il canone, creano il duopolio perfetto.